La comunicazione social e il marketing digitale creano conformismo e de-responsabilizzazione. E’ avvenuto per la politica, con partiti e movimenti che hanno delegato alla rete la propria legittimazione. Lo stesso sta succedendo in qualsiasi dimensione che presupponga una dinamica domanda-offerta. Il problema, per quanto paradossale, è che siamo di fronte a un’assenza di originalità in quanto l’idea-modello che viene proposta è funzione dell’indice di gradimento che viene espresso in rete.

In politica la de-responsabilizzazione è alimentata dalla disperata ricerca di consenso. Si inseguono argomenti e discussioni che sollevano la maggiore attenzione. Un meccanismo perverso poiché si perde la capacità di essere portatori di nuove idee, che possono nascere soltanto da un’elaborazione di pensiero originale. Chi ha più il coraggio di contraddire e di agire in direzione opposta e contraria rispetto ai messaggi totalizzanti che la rete alimenta?

La ricerca di consenso porta con sé appiattimento culturale. L’innovazione e la possibilità di immaginare un mondo diverso, a partire anche dalle piccole cose, può nascere solo da un’autonomia di pensiero e non dalla disperata ricerca dell’approvazione.

Quello che accade nell’arena politica è lo stesso schema che si replica nella dimensione marketing delle aziende. La ricerca di consenso, l’idea di “creare” prodotti e servizi che trovino l’approvazione del consumatore genera omologazione. Si fa quello che si presume desideri il pubblico, mettendo in esercizio tutta la potenza delle più sofisticate forme di intelligenza artificiale. L’obiettivo è comprendere e orientare i consumi. Ma siamo sicuri che questa logica generi innovazione?

Nell’immaginario collettivo il mercato digitale è sinonimo di libertà e creatività quando invece, al di là di fisiologiche eccezioni, quello cui abbiamo assistito in questi primi vent’anni del nuovo millennio ha dato a una progressiva omologazione: la “biodiversità” politica, sociale ed economica tende ad essere prossima allo zero. In internet ha prevalso lo spirito di globalizzazione, riproducendo modelli uguali per tutti.

E quindi, think different, portiamo nuove idee, non lasciamo condizionarci dalle statistiche social. Proviamo ad astrarre il nostro pensiero ed essere originali, senza sviluppare un’aberrante dipendenza dalla “presunta” verità che emerge dalla semplificazione digitale.

La personalizzazione di massa, il paradigma creativo del nuovo secolo che si contrappone alla produzione seriale in stile fordista del novecento, è un’illusione. L’idea che si possa dare vita a relazioni one-to-one mediate da algoritmi di intelligenza artificiale è tutta da dimostrare. E inventare.

In internet coesistono pulsioni costruttive e pulsioni distruttive. Serve un atteggiamento critico verso le potenzialità dello sviluppo tecnologico. Il ché significa saper coniugare le potenzialità dell’infosfera digitale con opportunità di reale cambiamento. In altre parole, l’innovazione, non può essere delegata alla retorica di internet.

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