Algor-etica, ovvero lo studio dei problemi e dei risvolti connessi all’applicazione degli algoritmi. La prima attestazione di questo termine è del 2018 e l’ha pronunciata Paolo Benanti, francescano e teologo che si occupa di bioetica ed etica delle tecnologie.

Un tema su cui nel 2020 è intervenuto lo stesso Papa Francesco. «L’epoca digitale – afferma il Pontefice – cambia la percezione dello spazio, del tempo e del corpo. Infonde un senso di espansione di sé che sembra non incontrare più limiti e l’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione: riconoscere e apprezzare la differenza diventa sempre più difficile». 

«Gli utenti – prosegue il Papa – sono spesso ridotti a consumatori, asserviti a interessi privati concentrati nelle mani di pochi. Gli algoritmi estraggono dati che consentono di controllare abitudini mentali e relazionali, per fini commerciali o politici, spesso a nostra insaputa. Questa asimmetria per cui alcuni pochi sanno tutto di noi, mentre noi non sappiamo nulla di loro, intorpidisce il pensiero critico e l’esercizio consapevole della libertà. Le disuguaglianze si amplificano a dismisura, la conoscenza e la ricchezza si accumulano in poche mani, con gravi rischi per le società democratiche».

Esiste dunque una dimensione politica nella produzione e nell’uso dell’Intelligenza Artificiale che non riguarda solo la distribuzione dei suoi vantaggi individuali e astrattamente funzionali. Il che vuol dire che «Non basta semplicemente affidarci alla sensibilità morale di chi fa ricerca e progetta dispositivi e algoritmi; occorre invece creare corpi sociali intermedi che assicurino rappresentanza alla sensibilità etica degli utilizzatori e degli educatori»

La riflessione di Papa Francesco a proposito dell'algor-etica - intesa come nuova frontiera che intende assicurare una verifica competente e condivisa dei processi che stabiliscono i rapporti tra gli esseri umani e il mondo digitale – richiama all’attenzione il ruolo di ogni singola persona. «Sono molte le competenze che intervengono nel processo di elaborazione degli apparati tecnologici – ricerca, progettazione, produzione, distribuzione, utilizzo individuale e collettivo – e per ciascuna di esse deve esistere una specifica responsabilità».

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